Donne medico: «Niente sostituzione di maternità per il 75% delle gravidanze»
Il report della Federazione CIMO-FESMED, in occasione della Festa della Donna
martedì 8 marzo 2022
12.04
Che negli ospedali manchino medici ormai è fatto noto e accertato. Che il personale sanitario sia spesso costretto a lavorare più di 48 ore a settimana, senza poter andare in ferie o prendere permessi, non fa più notizia. In questo scenario cade come un macigno, dunque, il numero di maternità di donne medico per le quali non viene prevista alcuna sostituzione: secondo un sondaggio della Federazione CIMO-FESMED su un campione di 1.415 dottoresse, il 75% delle assenze per maternità non viene coperto. Un fenomeno che negli anni si è gradualmente aggravato: dividendo la popolazione in fasce di età, emerge infatti che le percentuali di maternità sostituite sono maggiori tra le donne più grandi, che presumibilmente hanno avuto gravidanze negli anni passati, rispetto alle più giovani. È stato sostituito il 21,6% delle mamme che oggi hanno più di 60 anni; il 18,9% delle donne che hanno tra i 51 e i 60 anni; il 16,3% delle quarantenni ed il 12,6% delle trentenni.
Ogni gravidanza, quindi, oggi ancor più di ieri va irrimediabilmente a pesare sulle spalle dei colleghi che rimangono in servizio, che oltre a doversi occupare di un carico di lavoro già estenuante, devono colmare il vuoto lasciato dalla collega legittimamente a casa. Le aziende non cercano sostituzioni di maternità per risparmiare lo stipendio della donna incinta - visto che l'indennità di maternità è in capo all'INPS - e i pochi bandi pubblicati spesso cadono nel vuoto perché medici disponibili non ce ne sono. Una situazione che genera un profondo senso di colpa delle mamme medico, che acuisce le discriminazioni subite da superiori e colleghi, che aumenta le difficoltà ad essere assunte prima e ad ottenere ruoli con maggiori responsabilità poi.
Dal Rapporto sulle donne nel SSN del Ministero della Salute del 2019 emerge infatti che solo il 17,2% degli incarichi in struttura complessa ed il 34,7% degli incarichi in struttura semplice sono affidati a donne, nonostante il numero di professioniste sia superiore a quello dei medici uomini. Secondo la Federazione degli Ordini dei Medici, nel 2021 il 54% dei professionisti con meno di 65 anni era donna, percentuale che saliva al 64% considerando la fascia d'età tra i 40 e i 44 anni. Una costante femminilizzazione della professione che, tuttavia, non è accompagnata da un cambiamento organizzativo e culturale che vada di pari passo: l'88% delle dottoresse che hanno aderito al sondaggio ritiene che le donne medico possano subire discriminazioni sul luogo di lavoro, ed il 58,4% è consapevole di aver subito un trattamento differente perché donna. Un dato che si riscontra anche nel rapporto con i pazienti, per i quali «l'uomo è sempre professore e la donna signorina»: questo è uno dei commenti più frequenti emersi dal sondaggio.
Ogni gravidanza, quindi, oggi ancor più di ieri va irrimediabilmente a pesare sulle spalle dei colleghi che rimangono in servizio, che oltre a doversi occupare di un carico di lavoro già estenuante, devono colmare il vuoto lasciato dalla collega legittimamente a casa. Le aziende non cercano sostituzioni di maternità per risparmiare lo stipendio della donna incinta - visto che l'indennità di maternità è in capo all'INPS - e i pochi bandi pubblicati spesso cadono nel vuoto perché medici disponibili non ce ne sono. Una situazione che genera un profondo senso di colpa delle mamme medico, che acuisce le discriminazioni subite da superiori e colleghi, che aumenta le difficoltà ad essere assunte prima e ad ottenere ruoli con maggiori responsabilità poi.
Dal Rapporto sulle donne nel SSN del Ministero della Salute del 2019 emerge infatti che solo il 17,2% degli incarichi in struttura complessa ed il 34,7% degli incarichi in struttura semplice sono affidati a donne, nonostante il numero di professioniste sia superiore a quello dei medici uomini. Secondo la Federazione degli Ordini dei Medici, nel 2021 il 54% dei professionisti con meno di 65 anni era donna, percentuale che saliva al 64% considerando la fascia d'età tra i 40 e i 44 anni. Una costante femminilizzazione della professione che, tuttavia, non è accompagnata da un cambiamento organizzativo e culturale che vada di pari passo: l'88% delle dottoresse che hanno aderito al sondaggio ritiene che le donne medico possano subire discriminazioni sul luogo di lavoro, ed il 58,4% è consapevole di aver subito un trattamento differente perché donna. Un dato che si riscontra anche nel rapporto con i pazienti, per i quali «l'uomo è sempre professore e la donna signorina»: questo è uno dei commenti più frequenti emersi dal sondaggio.