Giornali pirata diffusi su Telegram, nove gli indagati
Conclusa l'indagine che portò alla chiusura di diversi canali
venerdì 3 settembre 2021
19.58
Sono nove le persone indagate dalla Procura di Bari al termine delle indagini relativa alla presunta diffusione illecita online di migliaia di copie pirata di quotidiani, riviste, file musicali, e-book, film e fumetti attraverso i canali Telegram o Whatsapp.
Le nove persone indagate sono gli amministratori di altrettanti canali Telegram e di chat. Sono accusati di aver violato la legge sul diritto d'autore.
L'inchiesta è partita la scorsa primavera a seguito della segnalazione della federazione italiana degli editori di giornali che denunciavano il mercato nero di materiale protetto da copyright.
Le indagini hanno portato alla individuazione di nove persone, residenti in diverse regioni italiane (Lazio, Puglia, Veneto, Sicilia, Marche, Campania).
Essi avrebbero sfruttato la diffusione dei file pirata "con lo scopo - si legge nelle imputazioni - di guadagnare denaro attirando iscritti e inducendoli a perfezionare l'acquisto di prodotti Amazon sponsorizzati sui canali", oppure, nel caso degli oltre 4mila file musicali, ricevendo "denaro tramite accredito su una apposita money box associata al canale".
L'inchiesta della Guardia di Finanza, coordinata dal procuratore facente funzione Roberto Rossi, ha portato in poco più di un anno alla chiusura di 329 canali Telegram sui quali venivano diffusi illecitamente i files pirata, ma solo per nove di questi è stato possibile risalire all'identità degli amministratori. I fatti contestati risalgono al periodo tra maggio 2018 e agosto 2020, per un danno complessivo stimato al solo settore dell'editoria pari a 670mila euro al giorno, circa 250 milioni di euro l'anno.
Le nove persone indagate sono gli amministratori di altrettanti canali Telegram e di chat. Sono accusati di aver violato la legge sul diritto d'autore.
L'inchiesta è partita la scorsa primavera a seguito della segnalazione della federazione italiana degli editori di giornali che denunciavano il mercato nero di materiale protetto da copyright.
Le indagini hanno portato alla individuazione di nove persone, residenti in diverse regioni italiane (Lazio, Puglia, Veneto, Sicilia, Marche, Campania).
Essi avrebbero sfruttato la diffusione dei file pirata "con lo scopo - si legge nelle imputazioni - di guadagnare denaro attirando iscritti e inducendoli a perfezionare l'acquisto di prodotti Amazon sponsorizzati sui canali", oppure, nel caso degli oltre 4mila file musicali, ricevendo "denaro tramite accredito su una apposita money box associata al canale".
L'inchiesta della Guardia di Finanza, coordinata dal procuratore facente funzione Roberto Rossi, ha portato in poco più di un anno alla chiusura di 329 canali Telegram sui quali venivano diffusi illecitamente i files pirata, ma solo per nove di questi è stato possibile risalire all'identità degli amministratori. I fatti contestati risalgono al periodo tra maggio 2018 e agosto 2020, per un danno complessivo stimato al solo settore dell'editoria pari a 670mila euro al giorno, circa 250 milioni di euro l'anno.