L'ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari è Covid free
Da gennaio ad oggi ricoverati 65 bambini, il più piccolo paziente aveva 11 giorni, il più grande 17 anni
martedì 8 giugno 2021
14.53
Nessun bambino affetto da covid è ricoverato nell'ospedale Giovanni XXIII di Bari. L'ultima dimissione lo scorso fine settimana. Non accadeva da dieci mesi, perchè questa terza ondata ha colpito maggiormente anche gli under 18. Da inizio gennaio sono stati ricoverati 65 bambini, più del doppio di quelli trattati complessivamente lo scorso anno. Il più piccolo paziente covid aveva 11 giorni, il più grande 17 anni. Marzo è stato il mese con il maggior numero di ricoveri.
"Il 70% dei pazienti aveva meno di 10 anni ed è stato ricoverato nel nostro reparto di malattie infettive con l'assistenza di un genitore. Due bambini sono passati dalla terapia intensiva ma tutti sono guariti", spiega la dottoressa Desireè Caselli, direttrice dell'unità operativa.
All'ospedale pediatrico di Bari da marzo 2020 è attivo un "fast-track infettivologico", un percorso differenziato con accesso rapido, alternativo a quello di pronto soccorso ordinario, per i bambini con sindrome respiratoria, che ha contribuito a identificare i casi sospetti riducendo i rischi di contagio.
"Febbre e difficoltà respiratorie sono stati i sintomi più frequenti – aggiunge la dottoressa Caselli - Ma la sintomatologia nei bambini ha una incidenza molto meno grave rispetto agli adulti. Alcuni hanno avuto focolai di broncopolmonite importante, in qualche caso anche versamenti e quindi insufficienze respiratorie. I problemi più grossi hanno interessato i bambini che avevano altre patologie, già considerabili come fragili. Sono tornati tutti a casa e continuiamo a seguirli periodicamente in day hospital".
In via ambulatoriale all'ospedale pediatrico sono anche stati somministrati per due volte gli anticorpi monoclonali: "I ragazzi presentavano fattori di rischio particolari e per evitare aggravamento e ospedalizzazione abbiamo fatto ricorso, con successo, a questa terapia", evidenzia la dottoressa Caselli.
Al Giovanni XXIII è attivo un programma che segue i bambini nel post covid. Ogni tre mesi i pazienti che sono stati ricoverati in malattie infettive vengono richiamati per fare i accertamenti ematici e polmonari. "La maggior parte di loro non presenta più nessun problema", rileva la direttrice dell'unità operativa di malattie infettive.
"Il 70% dei pazienti aveva meno di 10 anni ed è stato ricoverato nel nostro reparto di malattie infettive con l'assistenza di un genitore. Due bambini sono passati dalla terapia intensiva ma tutti sono guariti", spiega la dottoressa Desireè Caselli, direttrice dell'unità operativa.
All'ospedale pediatrico di Bari da marzo 2020 è attivo un "fast-track infettivologico", un percorso differenziato con accesso rapido, alternativo a quello di pronto soccorso ordinario, per i bambini con sindrome respiratoria, che ha contribuito a identificare i casi sospetti riducendo i rischi di contagio.
"Febbre e difficoltà respiratorie sono stati i sintomi più frequenti – aggiunge la dottoressa Caselli - Ma la sintomatologia nei bambini ha una incidenza molto meno grave rispetto agli adulti. Alcuni hanno avuto focolai di broncopolmonite importante, in qualche caso anche versamenti e quindi insufficienze respiratorie. I problemi più grossi hanno interessato i bambini che avevano altre patologie, già considerabili come fragili. Sono tornati tutti a casa e continuiamo a seguirli periodicamente in day hospital".
In via ambulatoriale all'ospedale pediatrico sono anche stati somministrati per due volte gli anticorpi monoclonali: "I ragazzi presentavano fattori di rischio particolari e per evitare aggravamento e ospedalizzazione abbiamo fatto ricorso, con successo, a questa terapia", evidenzia la dottoressa Caselli.
Al Giovanni XXIII è attivo un programma che segue i bambini nel post covid. Ogni tre mesi i pazienti che sono stati ricoverati in malattie infettive vengono richiamati per fare i accertamenti ematici e polmonari. "La maggior parte di loro non presenta più nessun problema", rileva la direttrice dell'unità operativa di malattie infettive.