Taranto, impianto di pescicoltura scaricava scarti in mare e nel suolo
Cinque indagati hanno ricevuto avvisi di garanzia per inquinamento ambientale
mercoledì 15 maggio 2024
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A Taranto 5 persone sono indagate per aver immesso sia in mare sia direttamente nel suolo le acque di scarico di un importante impianto di pescicoltura: lo avrebbero fatto per risparmiare circa 360mila euro, ma avrebbero inquinato un'intera area sottoposta a vincoli paesaggistici, ambientali, idrogeologici e demaniali e caratterizzata dalla presenza di numerosi impianti di allevamento di mitili e vongole.
Per compiere lo sversamento e sfuggire ai controlli - secondo le indagini della Guardia Costiera - avrebbero usato un bypass che permetteva la deviazione e lo sversamento delle acque di scarico prima in mare e poi direttamente nel suolo. I cinque indagati hanno ricevuto avvisi di garanzia per inquinamento ambientale, adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari, gestione illecita dei rifiuti, impedimento del controllo e mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice.
Secondo l'accusa, scaricando in mare e nel suolo i reflui della lavorazione industriale dello stabilimento avrebbero provocato l'alterazione dell'ecosistema marino e la conseguente intossicazione del prodotto ittico allevato nello specchio d'acqua antistante. L'impianto era già stato sequestrato nel 2019 per occupazione demaniale abusiva, con concessione della facoltà d'uso da parte del Tribunale, a condizione che il processo di smaltimento delle acque reflue avvenisse solo con autocisterne.
Tuttavia, durante le indagini sarebbe emerso che il proprietario dello stabilimento e i suoi dipendenti avrebbero eluso i controlli installando, durante le ore notturne, una tubatura bypass che permetteva la deviazione e lo sversamento delle acque di scarico prima in mare e poi nel suolo.
Per compiere lo sversamento e sfuggire ai controlli - secondo le indagini della Guardia Costiera - avrebbero usato un bypass che permetteva la deviazione e lo sversamento delle acque di scarico prima in mare e poi direttamente nel suolo. I cinque indagati hanno ricevuto avvisi di garanzia per inquinamento ambientale, adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari, gestione illecita dei rifiuti, impedimento del controllo e mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice.
Secondo l'accusa, scaricando in mare e nel suolo i reflui della lavorazione industriale dello stabilimento avrebbero provocato l'alterazione dell'ecosistema marino e la conseguente intossicazione del prodotto ittico allevato nello specchio d'acqua antistante. L'impianto era già stato sequestrato nel 2019 per occupazione demaniale abusiva, con concessione della facoltà d'uso da parte del Tribunale, a condizione che il processo di smaltimento delle acque reflue avvenisse solo con autocisterne.
Tuttavia, durante le indagini sarebbe emerso che il proprietario dello stabilimento e i suoi dipendenti avrebbero eluso i controlli installando, durante le ore notturne, una tubatura bypass che permetteva la deviazione e lo sversamento delle acque di scarico prima in mare e poi nel suolo.