Viva
Essere donna oggi, le voci delle donne per l’otto marzo
Il Viva Network celebra la Giornata internazionale della donna con riflessioni di donne del nostro territorio
Puglia - martedì 8 marzo 2022
08.30
Come ogni anno, l'otto marzo diventa una circostanza simbolica per parlare delle donne, delle ataviche problematiche legate a un genere, a delle etichette, a pregiudizi che sembrano insormontabili ancora oggi.
Nella sua vasta complessità, che significa essere donna oggi? Da questo interrogativo è nato l'approfondimento giornalistico che vi proponiamo oggi sulle testate del Viva Network.
Essere donna oggi non è uno status, è una cangiante metamorfosi, forse impossibile da definire. Per questo ci siamo rivolte ad altre donne per lasciar parlare loro in libertà.
Grazie alla collaborazione delle preziose colleghe del Viva Network, abbiamo raccolto queste riflessioni, ponendo alle nostre interlocutrici la stessa domanda: "Cosa vuole dire per te essere donna oggi?".
Il risultato è un variopinto mosaico di pensieri diversi e complementari: ci hanno parlato di difficoltà e pregiudizi, ma anche di opportunità e bellezza, di sfide ancora da affrontare e cambiamenti che purtroppo tardano ad arrivare.
Tutte insieme e rigorosamente in ordine sparso, vi proponiamo le riflessioni delle donne del nostro territorio, nei loro molteplici ruoli, come punti d'osservazione differenti su un panorama condiviso.
«Essere donna oggi è una grande opportunità. Perché le distanze con i privilegi riservati agli uomini si accorciano sempre di più, perché abbiamo cominciato a vedere noi altre come alleate, non più come nemiche. Perché adesso tocca a noi cambiare la storia dimostrare come può essere diverso un mondo governato dalle donne.
Gli uomini progettano le guerre, le donne pensano al futuro».
Gabriella Genisi, scrittrice
«Io mi sento fortunata ad esser donna, nonostante la società ci porti a pensare il contrario, ci spinga a vedere la donna come il sesso debole, la persona che deve sempre fare di più per essere accettata nel posto di lavoro, nei contesti quotidiani, nella società.
È vero, molto spesso è difficile vivere in una società che è ancora troppo maschilista, troppo patriarcale, troppo sessista… ma essere donna proprio per questo può voler dire fare qualcosa, nel proprio piccolo, per cambiare la situazione in cui siamo e trasformare l'essere donna in un dono meraviglioso.
Siamo forti, dentro e fuori, e la vita ce lo dimostra quotidianamente.
Non arrendiamoci, lottiamo per vedere riconosciuto quello che realmente siamo: MERAVIGLIOSAMENTE DONNE».
Elena Di Liddo, campionessa di nuoto
«Sono una donna che ha dovuto conquistarsi uno spazio nel mondo, sia per poter essere indipendente, sia per poter essere libera di amare una donna. Il mio essere donna quest'anno mi invita a nuove sfide, spazi di esistenza conquistati con continui confronti e lotte in piazza.
Quest'anno vivrò il mio essere donna anche come "moglie" con nuove responsabilità in famiglia. A tutt'oggi devo fare i conti con una società fondata sul maschile. Alle assemblee condominiali, per esempio, sono gli uomini che presenziano, decidono e puntualmente alla mia presenza chiedono dove sia mio marito...
Il mio essere donna nel 2022 rimane la lotta. Ci sono tantissime battaglie ancora da portare avanti per avere una reale parità e una totale emancipazione femminile. Quali sono le nostre lotte, per cosa dovremmo ancora batterci? Riprendo una frase slogan femminista, ancora oggi attuale, di Carol Hanish "il personale è politico". È questo che ci porta a mettere al centro i nostri desideri portandoli nella scena collettiva per renderli visibili e possibili».
Rosa Perrucci, insegnante ed attivista lgbt
«Essere donna, madre e imprenditrice, oggi, è un impegno importante, forte, per questo si può vivere solo con passione e tenendo ben presente una visione del futuro determinata a coinvolgere attivamente il territorio in tutte le sue sfaccettature e le nuove generazioni con il loro entusiasmo».
Loredana Lezoche, imprenditrice
«L'8 marzo più che una "festa" rappresenta una preziosa occasione per ricordare a noi donne che la strada per un più ampio riconoscimento formale e sostanziale dei nostri diritti è ancora lunga. Tuttavia siamo in cammino. La scuola instancabilmente dà il suo contributo ponendo l'attenzione sulle tematiche più scottanti, creando spazi di riflessione e di studio. Quest'anno abbiamo messo la lente di ingrandimento sul problema, ahimè ancora attualissimo, del caporalato e dello sfruttamento femminile. Ne parleremo oggi nell'incontro "La forza delle donne: un faticoso percorso", organizzato con la FIDAPA».
Anna Maria Allegretta, Dirigente scolastico del Polo liceale Sylos-Fiore di Terlizzi
«Se ci fermiamo a riflettere ancora oggi le donne continuano a guadagnare di meno rispetto agli uomini, hanno difficoltà ad accedere a posizioni di responsabilità e sono le prime ad abbandonare il lavoro per dedicarsi alla famiglia e ai figli.
Sono le prime vittime quando scappano dalla guerra perché violentate maltrattate per poi annegare con i propri figli nel Mar Mediterraneo, e le ultime nel diritto all'istruzione ed alla sua determinazione
Moltissime sono le donne che possono raccontare di aver subito violenze di ogni genere sia da persone estranee che dai propri parenti, ma quello che è ancor più grave, dall'uomo che dice di amarla.
C'è ancora molto da fare per cambiare i modelli culturali ottusi e stereotipati che alimentano gli atti di violenza nei confronti del genere femminile, che le impediscono di autodeterminarsi. I diritti delle donne sono i diritti di tutti. Se vengono violati siamo tutti più deboli, se vengono rispettati siamo tutti più forti.
Solo la cultura e l'informazione possono salvare le donne dalla ignoranza, dalla prevaricazione, dalla violenza».
Tina Arbues, referente Osservatorio Giulia e Rossella Centro Antiviolenza Onlus di Barletta
«Nella Polizia di Stato, con la legge 121, che ha rifondato il sistema della pubblica sicurezza, è stata riconosciuta pari opportunità di carriera tra uomini e donne. Dal 1981 le donne hanno ricoperto tutti i ruoli, sono diventate investigatrici, piloti, medici, psicologi, ingegneri rivestendo anche il ruolo apicale di Questore.
Scegliere di diventare dirigente della polizia non vuol dire rinunciare alla propria femminilità ma trovare un giusto equilibrio tra il ruolo di madre e quello di dirigente senza che l'uno prenda il sopravvento sull'altro.
L'essere donna ti porta a guardare le situazioni sotto una luce diversa, anche se devi sempre lottare dimostrando di essere all'altezza del compito, ciò che ai colleghi uomini non sempre si chiede perché si presume sia in grado di farlo. E' l'entusiasmo e la professionalità che ti permettono di superare ogni difficoltà ricominciando il giorno dopo con la stessa forza e la stessa gioia che ti hanno portato a scegliere di entrare nella Polizia di Stato.
Avere oggi come il primo giorno lo stesso amore per quello che si fa è una conquista come donna che mi ha permesso di realizzare un sogno entrare in polizia ed essere vicina alla gente nel rispetto della legge».
Santina Mennea, dirigente a capo della Divisione Anticrimine
«Nel corso di questi ultimi anni, come associazione "Le Avvocate Italiane", nata durante la pandemia per riunire l'avvocatura al femminile, siamo state al fianco di Ebru Timtik - collega turca morta in carcere - con iniziative internazionali, abbiamo avviato incontri di studio sui temi della giustizia penale, sul diritto alla cura, e ancora interlocuzioni col ministero di giustizia sui tanti temi che affliggono la giustizia italiana.
Avremmo dovuto riconoscere in questo 8 marzo un momento di dialogo e confronto.
Nessun 8 marzo ha mai costituito un momento di gioia, giacché serve a ricordare che la strada verso la medesima opportunità e dignità tra i sessi è davvero lunga, ma è comunque un momento in cui le donne si riuniscono, ed è importante.
Questo 8 marzo 2022, però, è segnato da un fatto catastrofico: la guerra tra Russia e Ucraina. E se sulle prime pagine dei quotidiani troneggiano le morti, gli edifici bombardati, la paura e la fuga dalle città, a margine, come ogni guerra che si "rispetti", non mancano gli abusi sulle donne che diventano l'oggetto della rivalsa, del disprezzo o solo uno sfogo animale.
Per rispetto e solidarietà verso le donne ucraine non faremo meeting o webinar o celebrazioni. Il nostro monito sarà il silenzio e al nostro logo si accompagnerà una candela, segno di lutto ma anche di speranza».
Giuseppina Chiarello, presidente dell'associazione Avvocate italiane
«Lo sport vale come mezzo di valorizzazione di sé stesse e del proprio talento, della propria unicità al di là del proprio essere moglie, fidanzata, madre, lavoratrice.
Essere donne che fanno sport andando oltre ogni barriera sociale e culturale, perché si può, perché si deve per completare e migliorare il proprio modo di essere anche nelle relazioni interpersonali».
Ylenia Narsete, capitano della squadra di calcio a 5 Nox Molfetta (Serie A2)
«La donna è sempre stata un'imprenditrice, prima nella famiglia, poi nel sociale e sempre più a capo di aziende. La capacità di coniugare lavoro e famiglia non le fa perdere gli elementi che la contraddistinguono: equilibrio e determinazione».
Maddalena Pisani, imprenditrice e presidente dell'associazione imprenditori Molfetta
«Ancora troppi pregiudizi circondano la donna, ancora troppe discriminazioni. Se sei una donna ed anche con una disabilità, "visibile" come nel mio caso, allora pregiudizi e discriminazioni aumentano in modo esponenziale. Essere una donna e con disabilità significa dover lottare per avere rispetto, dignità e valore e dover lottare contro barriere architettoniche, sociali, contro gli stereotipi e l'abilismo in ogni ambito, da quello lavorativo a quello affettivo.
Le condizioni sociali della donna sono apparentemente migliorate rispetto al passato e questa giornata ne è la testimonianza. Ma è davvero così?»
Vincenza Dinoia, modella barlettana
«Donna è fare ciò che è, dire ciò che pensa. È stato d'animo, prima che genere femminile. Donna è cura, accoglienza, comprensione. Donna è lacrima e sorriso, mano che cerca, cuore che batte. Donna è madre dei figli di tutti, figlia di tutte le madri. Donna è la gioia di un padre, che resta anche quando non c'è più».
Chicca Maralfa, giornalista professionista e scrittrice
«Donna come imprenditrice. Da presidente Confesercenti Bari, credo che l'imprenditoria femminile vada sostenuta e promossa, fornendo un contributo sempre attento e preciso. Non esiste un sesso debole o forte, ma esistono persone che hanno il coraggio di portare avanti i propri obiettivi».
Raffaella Altamura, presidente Confesercenti Bari
«L'8 marzo è la Giornata Internazionale della Donna, simbolo delle conquiste sociali e politiche femminili ma anche delle discriminazioni e delle violenze; ed è oggi occasione per interrogarsi sul mondo visto dalle donne. Oggi l'Europa guidata da tre donne, Ursula von der Leyen, Christina Lagarde e Roberta Matsola, ed è compatta nella difesa di valori umani, politici, istituzionali; ma c'è nel cuore dell'Europa una nuova Bosnia, una nuova guerra che evidenzia la vulnerabilità degli equilibri globali.
L'Europa ha visto le donne di San Pietroburgo scendere in piazza l'8 marzo del 1917 per chiedere la fine della Grande Guerra; ha visto le donne dei Balcani stuprate, con il corpo usato come campo di battaglia; ha visto le donne lottare per il diritto ad essere madri e per la scelta di non esserlo, per la libertà di studiare, viaggiare, lavorare, sposarsi o non farlo; donne con un abito di paura ed angoscia ma anche con il volto di forza e resilienza; donne in fuga da città spettrali e con i propri figli sotto una terra che trema, che resistono e portano il miracolo e la speranza di una nuova vita anche dai cunicoli di una metropolitana diventata rifugio improvvisato.
L'8 marzo le donne d'Europa riceveranno una mimosa ma mi piacerebbe che assieme ai fiori ci fosse il dovere di fare qualcosa contro la guerra; e di farlo assieme, uomini e donne».
Caterina Navach, dirigente Servizi Sociali del Comune di Barletta
«Voglio parlare della donne senza cadere nei luoghi comuni, men che meno nella retorica auto-celebrativa.
Lo ripeto sempre a me stessa: il punto non è 'donna' o 'uomo'. Il punto è UGUAGLIANZA.
Nei diritti, nei doveri, nelle pari opportunità, nella legislazione, nella retribuzione, nella organizzazione della società, nei ruoli che si ricoprono, nel lavoro, nell'istruzione, nella gestione del tempo libero e tanto ancora. UGUAGLIANZA finanche di prospettive, a volerla dire tutta.
L'Italia è ancora così lontana da tutto questo e il Covid ha peggiorato di molto la condizione femminile. Per non parlare dei dati sui femminicidi, in continua ascesa.
A fare da contraltare, guardate un po', il mondo del volontariato dove le donne hanno il primato assoluto. Facendo funzionare alla perfezione una macchina che costituisce ormai l'ossatura portante del nostro Paese.
L'Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile ha come obiettivo quello di realizzare l'uguaglianza di genere. Con i ritmi italiani, tuttavia, di questo passo non arriveremo mai al risultato, perdendo l'opportunità di raggiungere un degno e ormai improcrastinabile livello di civiltà.
Sono figlia, moglie, mamma, professionista e impegnata in politica: si può fare! Da un lato mi sento di dire alle donne che, nonostante tanti ostacoli, devono osare di più, sfidando gli stereotipi e testimoniando con la tenacia e l'audacia tutto il loro valore aggiunto.
Dall'altro lato mi sento di rivolgere al resto della società un accorato appello: spingere il più possibile su quel percorso culturale che aiuta i processi di integrazione a compiersi, finalmente.
Rispetto, attenzione, ascolto, collaborazione, riconoscimento dei diritti, pari dignità: si parta da questo, nelle azioni e nelle decisioni di ogni giorno.
Oltre che dall'applicare in concreto la nostra bellissima Costituzione.
Giovanna Bruno, sindaco di Andria
«Celebrare la "Giornata internazionale sui diritti delle donne" significa ricordarci che, purtroppo, le donne devono affrontare ancora tante difficoltà. Non sono state raggiunte pienamente pari opportunità e dignità rispetto agli uomini.
Nonostante se ne parli da diverso tempo, le cronache ci parlano ancora di femminicidio. Così come sussistono divari importanti per quanto concerne i salari percepiti dalle donne in ambito lavorativo. Per non parlare delle discriminazioni che le donne omossessuali o straniere continuano, ingiustamente, a subire nel nostro Paese. La causa di tutto ciò andrebbe individuata in stereotipi culturali: le donne vengono considerate come angeli del focolare; quindi l'aumento considerevole delle violenze sulle donne è una reazione del sistema patriarcale, che resiste al cambiamento condotto fino ad ora dalle donne.
Tuttavia ciascuna di noi può fare la sua parte. Può mantenere viva la riflessione ogni giorno rispetto a questo tema. Lavorare sui diritti delle donne è una tematica che riguarda tutta la nostra comunità.
Patrizia Lomuscio, presidente dell'associazione antiviolenza RiscoprirSi di Andria
«Essere donna è portare avanti un ideale. Il vento del cambiamento comincia a soffiare anche in Kenya. Che la lotta contro le discriminazioni di genere possa fare il giro del mondo, come una staffetta in uno tsunami di rivoluzione».
Antonella Morelli, cooperante in Africa
«Ho molte amiche, sono circondata da donne con una forza incredibile. Non si considerano guerriere ma, davanti a un caffè, lamentano il peso dell'armatura. Non si considerano migliori degli uomini ma sanno di fare concretamente di più. Non accennano a voler rinunciare al loro ruolo di donna o lavoratrice a favore esclusivo della famiglia, che curano con dedizione sempre. "Fanno solo il loro dovere" ho sentito dire una volta da un uomo incravattato da maschio alfa. Credo che il dovere e il dolore siano tra le cose più democratiche e asessuate che esistano. Tutti facciamo il nostro dovere ma, e colgo l'occasione per dirlo oggi, su alcuni volti la stanchezza è più evidente, più lacerante.
Vorrei che si supportassero le donne di ogni parte della Terra dicendo loro che sono brave e che trovo incredibile la loro capacità di restare in piedi come querce. Ma più di ogni cosa ringrazio gli uomini di ogni parte del mondo che hanno occhi e sensibilità per vedere queste chiome al vento delle difficoltà quotidiane.
L'otto marzo è un omaggio. Un omaggio al ventre del mondo, alle braccia del mondo, alla voce del mondo, alla finestra del mondo, di qualunque colore, razza, estrazione, titolo di studio. Un omaggio a un grande coraggio».
Mariella Dibenedetto, comunicatrice e docente
«L'autonomia del pensiero femminile non è solo emancipazione e non è solo imitazionismo; essa prevede spazi e tempi di comprensione, di condivisione e di compromissione nella quotidianità. Studiare, pensare criticamente, considerare il contesto, prendere la parola, ampliare le mappe mentali, curare il corpo, lo spirito, la mente: è questo il testimone colto con gratitudine dalle donne che, prima di noi, hanno segnato le pratiche di comunità».
Lizia Dagostino, psicologa
«Ancora oggi nel 2022 la nostra società è permeata da una cultura patriarcale che crea una disparità di potete e di diritti tra uomini e donne. La donna ancora troppo spesso è relegata al ruolo di moglie e di madre e privata dei suoi diritti e impossibilitata alla piena emancipazione. Ancora oggi ci sono - cose da maschi e cose da femmine - e i bambini e le bambine crescono con queste idee preconcette che ne inibiscono il pieno sviluppo. Le situazioni dì violenza di genere e i femminicidi sono troppo spesso sulle pagine dei giornali e se non lavoriamo sullo sradicare gli stereotipi di genere sin dalle più piccole fasce d'età, non riusciremo a contrastare il fenomeno».
Marika Massara, responsabile del Centro antiviolenza dell'assessorato al Welfare del Comune di Bari
Nella sua vasta complessità, che significa essere donna oggi? Da questo interrogativo è nato l'approfondimento giornalistico che vi proponiamo oggi sulle testate del Viva Network.
Essere donna oggi non è uno status, è una cangiante metamorfosi, forse impossibile da definire. Per questo ci siamo rivolte ad altre donne per lasciar parlare loro in libertà.
Grazie alla collaborazione delle preziose colleghe del Viva Network, abbiamo raccolto queste riflessioni, ponendo alle nostre interlocutrici la stessa domanda: "Cosa vuole dire per te essere donna oggi?".
Il risultato è un variopinto mosaico di pensieri diversi e complementari: ci hanno parlato di difficoltà e pregiudizi, ma anche di opportunità e bellezza, di sfide ancora da affrontare e cambiamenti che purtroppo tardano ad arrivare.
Tutte insieme e rigorosamente in ordine sparso, vi proponiamo le riflessioni delle donne del nostro territorio, nei loro molteplici ruoli, come punti d'osservazione differenti su un panorama condiviso.
«Essere donna oggi è una grande opportunità. Perché le distanze con i privilegi riservati agli uomini si accorciano sempre di più, perché abbiamo cominciato a vedere noi altre come alleate, non più come nemiche. Perché adesso tocca a noi cambiare la storia dimostrare come può essere diverso un mondo governato dalle donne.
Gli uomini progettano le guerre, le donne pensano al futuro».
Gabriella Genisi, scrittrice
«Io mi sento fortunata ad esser donna, nonostante la società ci porti a pensare il contrario, ci spinga a vedere la donna come il sesso debole, la persona che deve sempre fare di più per essere accettata nel posto di lavoro, nei contesti quotidiani, nella società.
È vero, molto spesso è difficile vivere in una società che è ancora troppo maschilista, troppo patriarcale, troppo sessista… ma essere donna proprio per questo può voler dire fare qualcosa, nel proprio piccolo, per cambiare la situazione in cui siamo e trasformare l'essere donna in un dono meraviglioso.
Siamo forti, dentro e fuori, e la vita ce lo dimostra quotidianamente.
Non arrendiamoci, lottiamo per vedere riconosciuto quello che realmente siamo: MERAVIGLIOSAMENTE DONNE».
Elena Di Liddo, campionessa di nuoto
«Sono una donna che ha dovuto conquistarsi uno spazio nel mondo, sia per poter essere indipendente, sia per poter essere libera di amare una donna. Il mio essere donna quest'anno mi invita a nuove sfide, spazi di esistenza conquistati con continui confronti e lotte in piazza.
Quest'anno vivrò il mio essere donna anche come "moglie" con nuove responsabilità in famiglia. A tutt'oggi devo fare i conti con una società fondata sul maschile. Alle assemblee condominiali, per esempio, sono gli uomini che presenziano, decidono e puntualmente alla mia presenza chiedono dove sia mio marito...
Il mio essere donna nel 2022 rimane la lotta. Ci sono tantissime battaglie ancora da portare avanti per avere una reale parità e una totale emancipazione femminile. Quali sono le nostre lotte, per cosa dovremmo ancora batterci? Riprendo una frase slogan femminista, ancora oggi attuale, di Carol Hanish "il personale è politico". È questo che ci porta a mettere al centro i nostri desideri portandoli nella scena collettiva per renderli visibili e possibili».
Rosa Perrucci, insegnante ed attivista lgbt
«Essere donna, madre e imprenditrice, oggi, è un impegno importante, forte, per questo si può vivere solo con passione e tenendo ben presente una visione del futuro determinata a coinvolgere attivamente il territorio in tutte le sue sfaccettature e le nuove generazioni con il loro entusiasmo».
Loredana Lezoche, imprenditrice
«L'8 marzo più che una "festa" rappresenta una preziosa occasione per ricordare a noi donne che la strada per un più ampio riconoscimento formale e sostanziale dei nostri diritti è ancora lunga. Tuttavia siamo in cammino. La scuola instancabilmente dà il suo contributo ponendo l'attenzione sulle tematiche più scottanti, creando spazi di riflessione e di studio. Quest'anno abbiamo messo la lente di ingrandimento sul problema, ahimè ancora attualissimo, del caporalato e dello sfruttamento femminile. Ne parleremo oggi nell'incontro "La forza delle donne: un faticoso percorso", organizzato con la FIDAPA».
Anna Maria Allegretta, Dirigente scolastico del Polo liceale Sylos-Fiore di Terlizzi
«Se ci fermiamo a riflettere ancora oggi le donne continuano a guadagnare di meno rispetto agli uomini, hanno difficoltà ad accedere a posizioni di responsabilità e sono le prime ad abbandonare il lavoro per dedicarsi alla famiglia e ai figli.
Sono le prime vittime quando scappano dalla guerra perché violentate maltrattate per poi annegare con i propri figli nel Mar Mediterraneo, e le ultime nel diritto all'istruzione ed alla sua determinazione
Moltissime sono le donne che possono raccontare di aver subito violenze di ogni genere sia da persone estranee che dai propri parenti, ma quello che è ancor più grave, dall'uomo che dice di amarla.
C'è ancora molto da fare per cambiare i modelli culturali ottusi e stereotipati che alimentano gli atti di violenza nei confronti del genere femminile, che le impediscono di autodeterminarsi. I diritti delle donne sono i diritti di tutti. Se vengono violati siamo tutti più deboli, se vengono rispettati siamo tutti più forti.
Solo la cultura e l'informazione possono salvare le donne dalla ignoranza, dalla prevaricazione, dalla violenza».
Tina Arbues, referente Osservatorio Giulia e Rossella Centro Antiviolenza Onlus di Barletta
«Nella Polizia di Stato, con la legge 121, che ha rifondato il sistema della pubblica sicurezza, è stata riconosciuta pari opportunità di carriera tra uomini e donne. Dal 1981 le donne hanno ricoperto tutti i ruoli, sono diventate investigatrici, piloti, medici, psicologi, ingegneri rivestendo anche il ruolo apicale di Questore.
Scegliere di diventare dirigente della polizia non vuol dire rinunciare alla propria femminilità ma trovare un giusto equilibrio tra il ruolo di madre e quello di dirigente senza che l'uno prenda il sopravvento sull'altro.
L'essere donna ti porta a guardare le situazioni sotto una luce diversa, anche se devi sempre lottare dimostrando di essere all'altezza del compito, ciò che ai colleghi uomini non sempre si chiede perché si presume sia in grado di farlo. E' l'entusiasmo e la professionalità che ti permettono di superare ogni difficoltà ricominciando il giorno dopo con la stessa forza e la stessa gioia che ti hanno portato a scegliere di entrare nella Polizia di Stato.
Avere oggi come il primo giorno lo stesso amore per quello che si fa è una conquista come donna che mi ha permesso di realizzare un sogno entrare in polizia ed essere vicina alla gente nel rispetto della legge».
Santina Mennea, dirigente a capo della Divisione Anticrimine
«Nel corso di questi ultimi anni, come associazione "Le Avvocate Italiane", nata durante la pandemia per riunire l'avvocatura al femminile, siamo state al fianco di Ebru Timtik - collega turca morta in carcere - con iniziative internazionali, abbiamo avviato incontri di studio sui temi della giustizia penale, sul diritto alla cura, e ancora interlocuzioni col ministero di giustizia sui tanti temi che affliggono la giustizia italiana.
Avremmo dovuto riconoscere in questo 8 marzo un momento di dialogo e confronto.
Nessun 8 marzo ha mai costituito un momento di gioia, giacché serve a ricordare che la strada verso la medesima opportunità e dignità tra i sessi è davvero lunga, ma è comunque un momento in cui le donne si riuniscono, ed è importante.
Questo 8 marzo 2022, però, è segnato da un fatto catastrofico: la guerra tra Russia e Ucraina. E se sulle prime pagine dei quotidiani troneggiano le morti, gli edifici bombardati, la paura e la fuga dalle città, a margine, come ogni guerra che si "rispetti", non mancano gli abusi sulle donne che diventano l'oggetto della rivalsa, del disprezzo o solo uno sfogo animale.
Per rispetto e solidarietà verso le donne ucraine non faremo meeting o webinar o celebrazioni. Il nostro monito sarà il silenzio e al nostro logo si accompagnerà una candela, segno di lutto ma anche di speranza».
Giuseppina Chiarello, presidente dell'associazione Avvocate italiane
«Lo sport vale come mezzo di valorizzazione di sé stesse e del proprio talento, della propria unicità al di là del proprio essere moglie, fidanzata, madre, lavoratrice.
Essere donne che fanno sport andando oltre ogni barriera sociale e culturale, perché si può, perché si deve per completare e migliorare il proprio modo di essere anche nelle relazioni interpersonali».
Ylenia Narsete, capitano della squadra di calcio a 5 Nox Molfetta (Serie A2)
«La donna è sempre stata un'imprenditrice, prima nella famiglia, poi nel sociale e sempre più a capo di aziende. La capacità di coniugare lavoro e famiglia non le fa perdere gli elementi che la contraddistinguono: equilibrio e determinazione».
Maddalena Pisani, imprenditrice e presidente dell'associazione imprenditori Molfetta
«Ancora troppi pregiudizi circondano la donna, ancora troppe discriminazioni. Se sei una donna ed anche con una disabilità, "visibile" come nel mio caso, allora pregiudizi e discriminazioni aumentano in modo esponenziale. Essere una donna e con disabilità significa dover lottare per avere rispetto, dignità e valore e dover lottare contro barriere architettoniche, sociali, contro gli stereotipi e l'abilismo in ogni ambito, da quello lavorativo a quello affettivo.
Le condizioni sociali della donna sono apparentemente migliorate rispetto al passato e questa giornata ne è la testimonianza. Ma è davvero così?»
Vincenza Dinoia, modella barlettana
«Donna è fare ciò che è, dire ciò che pensa. È stato d'animo, prima che genere femminile. Donna è cura, accoglienza, comprensione. Donna è lacrima e sorriso, mano che cerca, cuore che batte. Donna è madre dei figli di tutti, figlia di tutte le madri. Donna è la gioia di un padre, che resta anche quando non c'è più».
Chicca Maralfa, giornalista professionista e scrittrice
«Donna come imprenditrice. Da presidente Confesercenti Bari, credo che l'imprenditoria femminile vada sostenuta e promossa, fornendo un contributo sempre attento e preciso. Non esiste un sesso debole o forte, ma esistono persone che hanno il coraggio di portare avanti i propri obiettivi».
Raffaella Altamura, presidente Confesercenti Bari
«L'8 marzo è la Giornata Internazionale della Donna, simbolo delle conquiste sociali e politiche femminili ma anche delle discriminazioni e delle violenze; ed è oggi occasione per interrogarsi sul mondo visto dalle donne. Oggi l'Europa guidata da tre donne, Ursula von der Leyen, Christina Lagarde e Roberta Matsola, ed è compatta nella difesa di valori umani, politici, istituzionali; ma c'è nel cuore dell'Europa una nuova Bosnia, una nuova guerra che evidenzia la vulnerabilità degli equilibri globali.
L'Europa ha visto le donne di San Pietroburgo scendere in piazza l'8 marzo del 1917 per chiedere la fine della Grande Guerra; ha visto le donne dei Balcani stuprate, con il corpo usato come campo di battaglia; ha visto le donne lottare per il diritto ad essere madri e per la scelta di non esserlo, per la libertà di studiare, viaggiare, lavorare, sposarsi o non farlo; donne con un abito di paura ed angoscia ma anche con il volto di forza e resilienza; donne in fuga da città spettrali e con i propri figli sotto una terra che trema, che resistono e portano il miracolo e la speranza di una nuova vita anche dai cunicoli di una metropolitana diventata rifugio improvvisato.
L'8 marzo le donne d'Europa riceveranno una mimosa ma mi piacerebbe che assieme ai fiori ci fosse il dovere di fare qualcosa contro la guerra; e di farlo assieme, uomini e donne».
Caterina Navach, dirigente Servizi Sociali del Comune di Barletta
«Voglio parlare della donne senza cadere nei luoghi comuni, men che meno nella retorica auto-celebrativa.
Lo ripeto sempre a me stessa: il punto non è 'donna' o 'uomo'. Il punto è UGUAGLIANZA.
Nei diritti, nei doveri, nelle pari opportunità, nella legislazione, nella retribuzione, nella organizzazione della società, nei ruoli che si ricoprono, nel lavoro, nell'istruzione, nella gestione del tempo libero e tanto ancora. UGUAGLIANZA finanche di prospettive, a volerla dire tutta.
L'Italia è ancora così lontana da tutto questo e il Covid ha peggiorato di molto la condizione femminile. Per non parlare dei dati sui femminicidi, in continua ascesa.
A fare da contraltare, guardate un po', il mondo del volontariato dove le donne hanno il primato assoluto. Facendo funzionare alla perfezione una macchina che costituisce ormai l'ossatura portante del nostro Paese.
L'Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile ha come obiettivo quello di realizzare l'uguaglianza di genere. Con i ritmi italiani, tuttavia, di questo passo non arriveremo mai al risultato, perdendo l'opportunità di raggiungere un degno e ormai improcrastinabile livello di civiltà.
Sono figlia, moglie, mamma, professionista e impegnata in politica: si può fare! Da un lato mi sento di dire alle donne che, nonostante tanti ostacoli, devono osare di più, sfidando gli stereotipi e testimoniando con la tenacia e l'audacia tutto il loro valore aggiunto.
Dall'altro lato mi sento di rivolgere al resto della società un accorato appello: spingere il più possibile su quel percorso culturale che aiuta i processi di integrazione a compiersi, finalmente.
Rispetto, attenzione, ascolto, collaborazione, riconoscimento dei diritti, pari dignità: si parta da questo, nelle azioni e nelle decisioni di ogni giorno.
Oltre che dall'applicare in concreto la nostra bellissima Costituzione.
Giovanna Bruno, sindaco di Andria
«Celebrare la "Giornata internazionale sui diritti delle donne" significa ricordarci che, purtroppo, le donne devono affrontare ancora tante difficoltà. Non sono state raggiunte pienamente pari opportunità e dignità rispetto agli uomini.
Nonostante se ne parli da diverso tempo, le cronache ci parlano ancora di femminicidio. Così come sussistono divari importanti per quanto concerne i salari percepiti dalle donne in ambito lavorativo. Per non parlare delle discriminazioni che le donne omossessuali o straniere continuano, ingiustamente, a subire nel nostro Paese. La causa di tutto ciò andrebbe individuata in stereotipi culturali: le donne vengono considerate come angeli del focolare; quindi l'aumento considerevole delle violenze sulle donne è una reazione del sistema patriarcale, che resiste al cambiamento condotto fino ad ora dalle donne.
Tuttavia ciascuna di noi può fare la sua parte. Può mantenere viva la riflessione ogni giorno rispetto a questo tema. Lavorare sui diritti delle donne è una tematica che riguarda tutta la nostra comunità.
Patrizia Lomuscio, presidente dell'associazione antiviolenza RiscoprirSi di Andria
«Essere donna è portare avanti un ideale. Il vento del cambiamento comincia a soffiare anche in Kenya. Che la lotta contro le discriminazioni di genere possa fare il giro del mondo, come una staffetta in uno tsunami di rivoluzione».
Antonella Morelli, cooperante in Africa
«Ho molte amiche, sono circondata da donne con una forza incredibile. Non si considerano guerriere ma, davanti a un caffè, lamentano il peso dell'armatura. Non si considerano migliori degli uomini ma sanno di fare concretamente di più. Non accennano a voler rinunciare al loro ruolo di donna o lavoratrice a favore esclusivo della famiglia, che curano con dedizione sempre. "Fanno solo il loro dovere" ho sentito dire una volta da un uomo incravattato da maschio alfa. Credo che il dovere e il dolore siano tra le cose più democratiche e asessuate che esistano. Tutti facciamo il nostro dovere ma, e colgo l'occasione per dirlo oggi, su alcuni volti la stanchezza è più evidente, più lacerante.
Vorrei che si supportassero le donne di ogni parte della Terra dicendo loro che sono brave e che trovo incredibile la loro capacità di restare in piedi come querce. Ma più di ogni cosa ringrazio gli uomini di ogni parte del mondo che hanno occhi e sensibilità per vedere queste chiome al vento delle difficoltà quotidiane.
L'otto marzo è un omaggio. Un omaggio al ventre del mondo, alle braccia del mondo, alla voce del mondo, alla finestra del mondo, di qualunque colore, razza, estrazione, titolo di studio. Un omaggio a un grande coraggio».
Mariella Dibenedetto, comunicatrice e docente
«L'autonomia del pensiero femminile non è solo emancipazione e non è solo imitazionismo; essa prevede spazi e tempi di comprensione, di condivisione e di compromissione nella quotidianità. Studiare, pensare criticamente, considerare il contesto, prendere la parola, ampliare le mappe mentali, curare il corpo, lo spirito, la mente: è questo il testimone colto con gratitudine dalle donne che, prima di noi, hanno segnato le pratiche di comunità».
Lizia Dagostino, psicologa
«Ancora oggi nel 2022 la nostra società è permeata da una cultura patriarcale che crea una disparità di potete e di diritti tra uomini e donne. La donna ancora troppo spesso è relegata al ruolo di moglie e di madre e privata dei suoi diritti e impossibilitata alla piena emancipazione. Ancora oggi ci sono - cose da maschi e cose da femmine - e i bambini e le bambine crescono con queste idee preconcette che ne inibiscono il pieno sviluppo. Le situazioni dì violenza di genere e i femminicidi sono troppo spesso sulle pagine dei giornali e se non lavoriamo sullo sradicare gli stereotipi di genere sin dalle più piccole fasce d'età, non riusciremo a contrastare il fenomeno».
Marika Massara, responsabile del Centro antiviolenza dell'assessorato al Welfare del Comune di Bari