Cronaca
Rete di mafia e racket tra Puglia e Basilicata: ci sono 21 fermi
Operazione in sinergia tra DIA, Questura di Taranto e Carabinieri del Ros di Policoro
Puglia - giovedì 3 ottobre 2024
10.37
Un provvedimento di fermo, firmato dal procuratore distrettuale di Potenza Francesco Curcio, dal sostituto procuratore della Dda di Potenza Anna Gloria Piccininni, dai sostituti procuratori distrettuali Milto Stefano De Nozza, Sarah Masecchia, Marco Marano, e dal sostituto procuratore Angela Continisio, è stato eseguito oggi nei confronti di 21 persone.
L'operazione è stata condotta da personale della Direzione investigativa antimafia-Dipartimento di PS, della Squadra Mobile della Questura di Taranto, dei carabinieri del Ros, della Compagnia di Policoro, della Guardia di Finanza del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Taranto e della Compagnia di Policoro. Avrebbero imposto la propria egemonia nelle attività illecite lungo il litorale ionico-lucano anche con azioni violente e minacciose.
In 43 (compresi indagati a piede libero) rispondono di associazione mafiosa aggravata dalla disponibilità di armi e volta ad assumere e mantenere il controllo di attività economiche finanziate, in tutto o in parte, con i proventi dell'attività illecita. Secondo l'accusa, avrebbero fatto parte di una "confederazione mafiosa costituitasi sulla costa ionico-lucana (in particolare nell'area territoriale antistante lo specchio di mare compreso tra Metaponto e Nova Siri) allo scopo di esercitare la propria egemonia criminale".
Il sodalizio, che si avvaleva della forza di intimidazione del vincolo associativo imponendo "assoggettamento ed omertà" risultava composto da due nuclei familiari e i relativi adepti: il primo con a capo Andrea Scarci, 70enne di Taranto, già condannato con sentenza passata in giudicato il 6 novembre 2004 per associazione mafiosa, il secondo con a capo Salvatore Scarcia (condannato con sentenza definitiva del 5 giugno 2001 per associazione mafiosa), 57enne di Taranto, e Daniele Scarcia, 51enne di Policoro, che a sua volta aveva una propria articolazione criminale nel comune di Stigliano.
Associazione che operava in modo "sinergico e unitario" - sostiene l'accusa - sul litorale ionico lucano per commettere reati di estorsione, illecita concorrenza, detenzione e porto di armi ed esplosivi, la gestione del traffico di stupefacenti, la gestione e il controllo delle attività balneari, di pesca professionale e di ristorazione anche con azioni violente e minacciose.
L'operazione è stata condotta da personale della Direzione investigativa antimafia-Dipartimento di PS, della Squadra Mobile della Questura di Taranto, dei carabinieri del Ros, della Compagnia di Policoro, della Guardia di Finanza del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Taranto e della Compagnia di Policoro. Avrebbero imposto la propria egemonia nelle attività illecite lungo il litorale ionico-lucano anche con azioni violente e minacciose.
In 43 (compresi indagati a piede libero) rispondono di associazione mafiosa aggravata dalla disponibilità di armi e volta ad assumere e mantenere il controllo di attività economiche finanziate, in tutto o in parte, con i proventi dell'attività illecita. Secondo l'accusa, avrebbero fatto parte di una "confederazione mafiosa costituitasi sulla costa ionico-lucana (in particolare nell'area territoriale antistante lo specchio di mare compreso tra Metaponto e Nova Siri) allo scopo di esercitare la propria egemonia criminale".
Il sodalizio, che si avvaleva della forza di intimidazione del vincolo associativo imponendo "assoggettamento ed omertà" risultava composto da due nuclei familiari e i relativi adepti: il primo con a capo Andrea Scarci, 70enne di Taranto, già condannato con sentenza passata in giudicato il 6 novembre 2004 per associazione mafiosa, il secondo con a capo Salvatore Scarcia (condannato con sentenza definitiva del 5 giugno 2001 per associazione mafiosa), 57enne di Taranto, e Daniele Scarcia, 51enne di Policoro, che a sua volta aveva una propria articolazione criminale nel comune di Stigliano.
Associazione che operava in modo "sinergico e unitario" - sostiene l'accusa - sul litorale ionico lucano per commettere reati di estorsione, illecita concorrenza, detenzione e porto di armi ed esplosivi, la gestione del traffico di stupefacenti, la gestione e il controllo delle attività balneari, di pesca professionale e di ristorazione anche con azioni violente e minacciose.