Gianluigi de Gennaro
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Ricerca in Puglia: parola al ricercatore Gianluigi de Gennaro

L'intervista al docente: «Se le promesse del PNRR si verificheranno non dovremmo più avere il problema o l’alibi delle risorse»

Il 2023 sarà anche il tempo delle sfide, per Molfetta e per la Puglia. È vero più che mai nell'ambito della ricerca scientifica, in cui le parole chiave sono menti, opportunità e giovani.
Ne parliamo con l'esperto molfettese Gianluigi de Gennaro, ricercatore e docente di Chimica dell'Ambiente all'Università degli studi di Bari "Aldo Moro" e presidente del Centro d'Eccellenza per l'Innovazione e la Creatività e coordinatore del BALAB, il contamination lab dell'Università di Bari.

Che 2023 si prospetta per la Ricerca in Puglia?
«Sarà un anno straordinario. Dopo aver chiuso col botto il 2022 stiamo rilanciando, mettendo in pista progetti ancor meglio coordinati tra le competenze disciplinari e collaborando con la rete della ricerca italiana ed internazionale».

È stato sempre così?
«La ricerca pugliese ha sempre presentato delle punte di eccellenza, che sembrerebbero inspiegabili se guardiamo alle condizioni di contesto. Scarsi finanziamenti privati per la memorabile assenza sul nostro territorio di rilevanti e numerose realtà industriali, infrastrutture per la ricerca e piattaforme tecnologiche, certo in crescita negli ultimi 10 anni, ma comunque ancora molto limitate e meno diffuse rispetto al resto del Paese. Nonostante tutto, una radicata e storica cultura della formazione ha trasferito competenze metodologiche, generato vocazioni, ispirato percorsi che oggi consentono ad alcuni colleghi di esprimersi con cifre eccellenti».

Alcuni?
«Sì, perché anche nei processi formativi hanno contato, come sempre, più le donne e gli uomini, le maestre e i maestri, che le strutture. Come ho detto, queste ultime sono spesso inadeguate, perché sottodimensionate e non opportunamente finanziate e quindi motivate. Non c'è stato un processo sistemico».

Andrà sempre così?
«Da adesso non più. Se le promesse del PNRR si verificheranno non dovremmo più avere il problema o l'alibi delle risorse. Si aggiunga che nell'ultimo decennio il nostro territorio, autonomamente, ha recuperato valore e accresciuto fierezza, favorendo lo sviluppo di impresa locale di alto profilo, affascinando e calamitando economie e finanze esogene. Insomma, la Puglia è diventata un posto molto ambìto dove sviluppare ricerca e fare trasferimento tecnologico».

Intravede ostacoli nel percorso?
«No. Ma sono un po' preoccupato per la nostra più grande risorsa, i giovani. Ne stiamo perdendo ancora tanti. Adesso non vanno più perché mancano le opportunità: vanno via già per iniziare gli studi e non più solo per completarli. Non tornano, nonostante le accresciute opportunità. Credo lo facciano per fuggire da una cultura che avvertono ancora opprimente, forse troppo giudicante. Occorre uno sforzo culturale per appassionare i nostri ragazzi alla loro terra».

Qualche suggerimento?
«Astenersi dal giudizio, renderli protagonisti. Non limitarsi a creare spazi, ma, osare, preparare il vuoto per loro. Contenersi nei consigli e promuovere l'ascolto. Farli ragionare su quanto sono irripetibili e su quanto vale quello che stanno facendo. L'obbietivo è che capiscano che abbiamo assoluto bisogno di loro per sviluppare la cultura della Puglia».
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