Attualità
Trent'anni senza don Tonino Bello. Celebrazioni in tutta la Puglia
Cerimonie soprattutto nelle due città simbolo della sua vita: Alessano e Molfetta
Puglia - giovedì 20 aprile 2023
14.52
Nel 30° anniversario della nascita al cielo del venerabile Antonio Bello (20 aprile 1993-2023), la Chiesa diocesana lo scorso 8 dicembre ha dato inizio ad un anno speciale per continuare ad assaporare la memoria, il messaggio e la testimonianza di don Tonino.
Era il 7 dicembre del 1992 quando, ormai in fin di vita per un cancro allo stomaco già in metastasi (sarebbe morto il 20 aprile 1993, esattamente 30 anni fa), Tonino Bello, presidente nazionale di Pax Christi, decise di recarsi a Sarajevo. Un pesante maglione, un berretto di lana, una croce di legno sul petto: viso smagrito, occhi incavati, corpo consumato. Era consapevole che i suoi giorni stavano per finire ma lui volle sfidare anche la morte. «Andrò a Sarajevo anche con le flebo», diceva a noi tutti, convinto che bisognava iniettare nelle vene della storia nuova linfa, per un mondo di pace.
Era la prima guerra in Europa dal 1945 e don Tonino aveva intuito che quella guerra sarebbe stata matrigna, capace di generare altri conflitti ed insieme odi razziali e migrazioni di massa che non vedevamo dai tempi di Hitler e Stalin. Si riaffacciavano in quei giorni nella nostra europa i fantasmi del nazionalismo, della razza, del peso della storia, della pulizia etnica con i quali oggi stiamo facendo drammaticamente i conti e che invece credevamo aver sepolto per sempre.
La memoria come un forte segno di speranza, sempre nel suo nome: "Se cerchi la pace va incontro ai poveri, fatti povero come loro. Il futuro ha i piedi scalzi, il futuro è dei poveri. Gli annunciatori di pace sono loro".
Era il 7 dicembre del 1992 quando, ormai in fin di vita per un cancro allo stomaco già in metastasi (sarebbe morto il 20 aprile 1993, esattamente 30 anni fa), Tonino Bello, presidente nazionale di Pax Christi, decise di recarsi a Sarajevo. Un pesante maglione, un berretto di lana, una croce di legno sul petto: viso smagrito, occhi incavati, corpo consumato. Era consapevole che i suoi giorni stavano per finire ma lui volle sfidare anche la morte. «Andrò a Sarajevo anche con le flebo», diceva a noi tutti, convinto che bisognava iniettare nelle vene della storia nuova linfa, per un mondo di pace.
Era la prima guerra in Europa dal 1945 e don Tonino aveva intuito che quella guerra sarebbe stata matrigna, capace di generare altri conflitti ed insieme odi razziali e migrazioni di massa che non vedevamo dai tempi di Hitler e Stalin. Si riaffacciavano in quei giorni nella nostra europa i fantasmi del nazionalismo, della razza, del peso della storia, della pulizia etnica con i quali oggi stiamo facendo drammaticamente i conti e che invece credevamo aver sepolto per sempre.
La memoria come un forte segno di speranza, sempre nel suo nome: "Se cerchi la pace va incontro ai poveri, fatti povero come loro. Il futuro ha i piedi scalzi, il futuro è dei poveri. Gli annunciatori di pace sono loro".